Questo post non ha niente a che vedere con Barcellona, ma mi andava di scriverlo. A pensarci bene però… ha qualcosa a che vedere con l’essere italiano, nel bene e nel male.
L’ultima volta che sono stato in Italia mi sono comprato il libro più famoso di Haruki Murakami, Tokio Blues. Avevo appena letto Kafka sulla spiaggia, ma in spagnolo, e volevo vedere che effetto faceva nella mia lingua la prosa avvolgente dello scrittore giapponese. Distrattamente ho pagato i 10 euri dell’edizione Einaudi, senza accorgermi che il mio titolo era in realtà il sottotitolo del libro Norwegian wood.
Nell’introduzione, il traduttore Giorgio Amitrano si dilunga sul perché del cambio, rispetto all’edizione Feltrinelli. L’Autore in persona manifesta la sua entusiastica approvazione. Nuova edizione, nuovo titolo, stesso libro.
Fin qui, tutto quasi accettabile. Poi però mi rendo conto che in copertina Haruki Murakami è diventato Murakami Haruki, coerentemente con la norma secondo la quale i cognomi giapponesi precedono i nomi. Norma a me del tutto sconosciuta fino a quel momento e che se non fosse stato per la paginetta di Avvertenze avrei continuato candidamente a ignorare.
Mi sa che quelli dell’Einaudi per essere culturalmente corretti (e amanti del marketing) hanno introdotto una logica un po’ folle.
Penso al povero bibliotecario italiano che di un autore ormai deve conoscere la nazionalità, con usi e costumi relativi, per poter catalogare un libro! Dove sta il nome? E il cognome?
Mi viene anche in mente il tuttologo nostrano (uno qualunque, sono tantissimi) che troverà il modo di correggere l’inesperto che parlasse ancora di Haruki Murakami in società. “Si dice Murakami Haruki” dirà sorridendo “è giapponese…”, altro ghigno.
A questo punto potrei persino pretendere che l’amico poeta Cristiano Poletti, di Brignano Gera d’Adda, pubblicasse i suoi libri come Poletti Cristiano, in virtù dell’antica usanza bergamasca, esportata poi in Giappone, secondo la quale il cognome precede il nome.
Domanda da un milione di euro. Cosa vende di più: il culturalmente corretto o lo snobbismo?
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