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    Il paradosso delle Ramblas

    Tempo fa girava la voce che i tipici negozi di animali delle Ramblas avevano le ore contate. Il comune aveva emanato un’ordinanza che pareva inappellabile e che imponeva la loro chiusura per motivi sanitari e, probabilmente, anche come misura fortemente voluta da qualche gruppo animalista. Poi, come capita un po’ dappertutto, non se n’è fatto niente e in molti abbiamo tirato un sospiro di sollievo, non per amore o per odio nei confronti degli animali, ma per quello strano attaccamento alle tradizioni che aggredisce i nuovi arrivati, che sono spesso più conservatori degli autoctoni.

    Quelle bancarelle nascondono un interessante paradosso che da solo vale la loro esistenza. È sotto gli occhi di tutti, ma come la lettera nascosta del racconto di Poe, nessuno riesce a coglierlo, o per lo meno si fa una certa fatica. Ogni volta che ci passavo davanti avevo la sensazione che c’era qualcosa fuori posto, qualcosa che non andava, ma non riuscivo a capire cosa.

    Due diversi stili di vita piccionescaPoi, di colpo, la domanda: “Ma che cazzo ci fa un piccione in gabbia?”. Ci sono piccioni che spargono la loro cacca sul suolo pubblico e un loro simile di razza mallorquina a un metro da terra. Ha senso tutto ciò?

    Evidentemente deve esistere qualcuno che sa discernere tra piccione e piccione, tra pedigree e bastardini, tra piccioni da compagnia e piccioni rapaci inselvatichiti. Massimo rispetto per tanto esprit de finesse, ma immagina che vai a comprarti un piccione mallorquino con la sua bella gabbia e il suo mangime, sei orgoglioso di averlo pagato solo 200 euro, e giusto due minuti dopo che te ne sei andato il tizio che te l’ha venduto lo rimpiazza con uno dei venti che ha costantemente tra i piedi. Ne sceglie uno bello grosso, lo pettina un po’ e via, altri 200 euro.

    picc3.JPGIl venditore di piccioni in realtà non fa altro che il lavoro sporco, quello di inginocchiarsi ad altezza di piccione e prelevarlo dal suo ambiente naturale. Mi sorprende che a Venezia non ci abbiano ancora pensato, quello sì che sarebbe un souvenir originale: un ricordo vivente di Piazza San Marco.

    PS. Le foto di questo post e probabilmente molte di quelle che pubblicherò nei prossimi giorni le ha scattate Neus, che, oltre a essere la mia fidanzata, è molto più brava di me a scattare istantanee. Dopo tanti mesi di suggerimenti su come fare un sito decente, era ora che la ringraziassi. Tengo a precisare che la foto del post precedente l’ho scattata io, rischiando la pelle 😉 

    Posted by roberto in cose mie, sociologia spiccia . Comments: none

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