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    Il mondo in una strada

    Il Bar Casa AlmirallIl Carrer (o calle, in spagnolo) Joaquin Costa non appare in nessuna guida come un’attrazione di Barcellona. Non ospita musei, fontane multicolori ne’ ristoranti rinomati. Chi vi transita distrattamente non se ne ricorda. Nonostante ciò è senz’altro una strada interessante per almeno tre tipi di persone:

    1. gli animali notturni, e tra di loro, gli amanti dei locali notturni più che quelli delle discoteche.
    2. i curiosi, i perdigiorno e i fancazzisti in generale.
    3. gli studiosi dell’immigrazione e della convivenza in un quartiere multiculturale (il Raval).

    Tanto per cominciare, vediamo di far contente le prime due categorie.

    Il Carrer Joaquin CostaCi sono almeno 6 locali memorabili nel carrer Joaquin Costa. Il più antico è il Casa Almirall (al numero 33), fondato nel 1860 e che appartiene a pieno titolo alla Ruta del Modernisme. Al suo fianco si trova il bar Granja de Gavà (37), che associa la sua storia decennale a quella dello scrittore recentemente scomparso Terenci Moix che viveva nel edificio adiacente, quando il bar era ancora una latteria. Il Granja de Gavà è un posto pittoresco nel quale campeggia un orgoglioso cartello che recita: “Non-gaming bar”, come se ci trovassimo a Las Vegas e un bar senza slot machine fosse una rarità.
    Di recente apertura è il Lletraferit (45), un bar-biblioteca-galleria che ha un nome molto bello. Letteralmente significa “ferito dalle lettere” e indica, in catalano, lo scrittore compulsivo e il grafomane, colui che non può starsene tranquillo senza scrivere qualcosa. A me questi locali intellettualistici sembrano tutti un po’ freddini, anche se forse è solo questione di tempo. Ma in realtà a me sembra freddino anche il superfashion IT Cafè (4)  che è un ottimo rappresentante delle nuove tendenze del Raval: moderno, minimalista, chic, elegante.
    Se avete bevuto una birra in ognuno dei quattro locali di cui sopra forse potreste essere pronti per continuare con il Bar Manchester  (tecnicamente in Carrer Valdonzella, angolo Joaquin Costa) o con il mitico e decadente Benidorm (39) ,  o con tutti e due. Il primo più indie e cool del secondo, entrambi aperti fino alle tre.

    Attenzione! In mezzo a tanto alcol potrebbero sfuggirvi alcune cose molto interessanti: una libreria anarchica (La Rosa del foc, 34) che pare venire direttamente dalla Guerra Civil, con una bandiera della CNT a pochi metri da una Misión Evangélica e da un centro culturale di giovani artisti, un po’ lugubre, il cui sito non funziona.

    E poi “bettolacce” tipicamente spagnole quali La Parra (44) e la Pili (55) che convivono con un ristorante turco (Bar Riera, 30), uno di cucina halal (Bismilia, 24) e un panettiere (Titrit, 11) che prepara squisiti dolcetti libanesi. 

    Chi volesse immergersi in questo microcosmo può alloggiare nel famoso Hostal Gat Raval (44) che di “hostal” (pensione) ha solo il nome oppure nell’Hotel Apsis 40 (giustamente nel numero 40) che costa uguale ma ha un rapporto qualità prezzo decisamente più alto.
     

    Little Moscow in Barcelona

    Il negozio Troika DelicatessenTipica minoranza silenziosa, la comunità russa di Barcellona brilla per discrezione. Tempo fa c’era un ristorante sulla Gran Vía, chiamato Cafè Mokhba, del quale oggi è rimasto solo il locale sfitto e malinconicamente cupo. C’avevo cenato una volta e non mi era dispiaciuto, anzi, forse solo il conto un po’ salato aveva mitigato l’entusiasmo russofilo. Oggi in città non è possibile provare le delizie culinarie russe se non in casa propria, previa spesa nella meravigliosa Troika, in carrer Hospital, una traversa delle Ramblas, nei pressi del Teatro del Liceu.

    Si tratta di un negozio al quale ho avuto il coraggio di portare qualche amico in visita dall’Italia, come un’attrazione in più della città. Le immancabili Matrioske, assortimenti di cetrioli e di ogni tipo di conserva immaginabile, dolci di color fucsia, ciambelle, birre (di fabbricazione tedesca) con etichette evocative di minatori stakanovisti, novelle2000 russe, il minifrigo lucchettato con le lattine di caviale, uno squisito surrogato di scamorza e un sacco di altri esotismi slavi, non ultima la bacheca degli annunci, tutti misteriosamente indecifrabili.

    Il tipico pesce affumicato.Il sancta santorum della Troika è la zona del pesce affumicato. Uno spazio sconcertante: pesci affumicati buttati lì in scatole di cartone sulle quali appare nome del pesce scritto in cirillico. Anche se l’impatto non potrebbe essere più duro, piano piano ci si abitua. Il salmone non ha niente a che vedere con quello delle bustine che si comprano nei supermercati. Il rombo (rodaballo in spagnolo) affumicato è una scoperta che crea dipendenza. Le aringhe in conserva sono eccellenti. L’unica cosa che sconsiglio sono le alghe.

    I russi, si sa come son fatti. Le commesse sorridono a stento, danno spiegazioni molto scarne, hanno una gran fretta di scrollarsi di dosso il cliente. I clienti russi sono ancora peggio: se non riconosci il pesce essicato non aspettarti che qualcuno ti traduca il cirillico. Da un anno a questa parte hanno assunto un tizio, probabilmente spagnolo, che sembra sempre indaffaratissimo ma che qualche aiutino lo riesce a dare. All’inizio era come una zelante guida turistica, adesso è un po’ più scorbutico, inevitabilmente russificato.

    Vicino a casa ho negozio simile (sul Passeig Sant Joan) ma chissà come mai l’incanto della Troika mi spinge sempre verso il carrer Hospital…

    Il paradosso delle Ramblas

    Tempo fa girava la voce che i tipici negozi di animali delle Ramblas avevano le ore contate. Il comune aveva emanato un’ordinanza che pareva inappellabile e che imponeva la loro chiusura per motivi sanitari e, probabilmente, anche come misura fortemente voluta da qualche gruppo animalista. Poi, come capita un po’ dappertutto, non se n’è fatto niente e in molti abbiamo tirato un sospiro di sollievo, non per amore o per odio nei confronti degli animali, ma per quello strano attaccamento alle tradizioni che aggredisce i nuovi arrivati, che sono spesso più conservatori degli autoctoni.

    Quelle bancarelle nascondono un interessante paradosso che da solo vale la loro esistenza. È sotto gli occhi di tutti, ma come la lettera nascosta del racconto di Poe, nessuno riesce a coglierlo, o per lo meno si fa una certa fatica. Ogni volta che ci passavo davanti avevo la sensazione che c’era qualcosa fuori posto, qualcosa che non andava, ma non riuscivo a capire cosa.

    Due diversi stili di vita piccionescaPoi, di colpo, la domanda: “Ma che cazzo ci fa un piccione in gabbia?”. Ci sono piccioni che spargono la loro cacca sul suolo pubblico e un loro simile di razza mallorquina a un metro da terra. Ha senso tutto ciò?

    Evidentemente deve esistere qualcuno che sa discernere tra piccione e piccione, tra pedigree e bastardini, tra piccioni da compagnia e piccioni rapaci inselvatichiti. Massimo rispetto per tanto esprit de finesse, ma immagina che vai a comprarti un piccione mallorquino con la sua bella gabbia e il suo mangime, sei orgoglioso di averlo pagato solo 200 euro, e giusto due minuti dopo che te ne sei andato il tizio che te l’ha venduto lo rimpiazza con uno dei venti che ha costantemente tra i piedi. Ne sceglie uno bello grosso, lo pettina un po’ e via, altri 200 euro.

    picc3.JPGIl venditore di piccioni in realtà non fa altro che il lavoro sporco, quello di inginocchiarsi ad altezza di piccione e prelevarlo dal suo ambiente naturale. Mi sorprende che a Venezia non ci abbiano ancora pensato, quello sì che sarebbe un souvenir originale: un ricordo vivente di Piazza San Marco.

    PS. Le foto di questo post e probabilmente molte di quelle che pubblicherò nei prossimi giorni le ha scattate Neus, che, oltre a essere la mia fidanzata, è molto più brava di me a scattare istantanee. Dopo tanti mesi di suggerimenti su come fare un sito decente, era ora che la ringraziassi. Tengo a precisare che la foto del post precedente l’ho scattata io, rischiando la pelle 😉 

    Mosca? Sarajevo? Tirana?

    Dedicato agli amici scacchisti
    Fugacissimo scorcio esteuropeo in Plaça Catalunya, Barcellona.

    Ritorno a Barcellona. Risposte ai commenti. Battiato.

    Dopo dieci giorni a Valencia rieccomi a Barcellona con un po’ più di tempo (ma mica tanto) da dedicare al blog. Come era logico attendersi, durante i giorni nei quali ero oberato di lavoro ho ricevuto una marea di visite, richieste di consigli sugli alberghi e commenti vari. Provo a rispondere a tutti adesso, in massa, sperando di dare qualche indicazione utile.

    Il bresciano Paolo viene a Capodanno e vuole sapere dove passare la “magica” notte. Io sconsiglio Plaça Catalunya, ormai assediata dalla polizia da quando qualche nostro compatriota ha introdotto l’insano lancio di bottiglie come rito propiziatorio. Nelle piazze del quartiere di Gracia (Sol, Rius i Taulet, Diamante, Virreina) puoi trovare un ambiente molto più rilassato e allegro.

    Alex mi chiede che lavoro faccio. Lavoro per una catena alberghiera. Sono colui che tecnicamente si chiama Revenue Manager. Muovo i prezzi delle camere come le azioni in borsa, per intenderci. Non è comunque un lavoro che avrei mai pensato di fare. Ci sono arrivato per caso e mi piace. Mi permette di stare qui e chissà, magari di cambiare anche città in un futuro. Grazie e crepi il lupo!

    Lorenza disquisisce su uno degli usi della parola “chiacchiera” in toscano che in effetti sembra proprio lo stesso della labia in spagnolo. Che dire… Mi fido ciecamente! E buona vacanza a Barcellona!

    Orietta viene da queste parti a Natale e ha una figlia che vuole fare acquisti da Berska (a due passi dall’albergo, in Carrer Pelai). Un’amica del sito, Emanuela, può darle qualche spunto in questa intervista di qualche mese fa. Quanto ai ristoranti qualche informazione sul sito la può trovare. Vale sempre la regola d’oro: dormire sulle Ramblas va bene, cenare no.

    Fabio si trasferisce a Barcellona e ha il classico problema della casa. Nell’utile sito Italiani a Barcellona si può trovare una stima dei costi ai quali si va incontro quando ci si stabilisce da queste parti. Io umilmente consiglio di non affittare casa dall’Italia, ma di valutare in loco l’offerta di appartamenti. Fabio, il fatto di essere in 3 in teoria è un handicap, ma non è detto.

    La dott.sa Rossetti sfida la mia vocazione tuttologa chiedendomi come fare a trovare un lavoro e una casa ad Alicante. Ho seri problemi a rispondere. Risposte scontate che vanno bene per tutta la Spagna: per quanto riguarda l’alloggio, Loquo; per quanto riguarda il lavoro, Infojobs. Ad Alicante fa un bel caldo. Il turismo è molto importante. Io proverei in questo settore. Trattandosi di una giornalista magari potrebbe tenere un blog retribuito su Blogosfere. Provi a dare un’occhiata, è un consiglio da neoblogger.

    E per finire una nota musicale. Il buon Battiato che canta una delle sue canzoni più rappresentative in spagnolo. Uno spagnolo forse pronunciato un po’ così così, ma molto, molto suggestivo. La dimensión insondable, la encontrarás fuera de la ciudad, lo so, non è una citazione adatta a un blog su una città, ma ci pensavo quando partivo da Valencia, stufo di lavorare.

    La politica spagnola in 3 minuti

    So che esiste qualche sparuto turista che ama leggere i quotidiani locali quando viaggia all’estero. So anche che in Italia si parla spesso della Spagna come di un modello politico da seguire. Per queste persone, e per tutti i curiosi, ecco una personale panoramica della realtà politica spagnola.

    Nazionalismo. Le rivendicazioni di alcune Comunità Autonome (Catalogna, Galizia, Paesi Baschi) vanno sotto il nome di nacionalismos. I cosiddetti antinacionalistas (o españolistas) amano posare davanti alla bandiera spagnola e sono gli strenui difensori dell’unità nazionale, ma per loro non si usa il termine nè paiono accorgersi della contraddizione.
    L’antinazionalista Rajoy (PP)
    ETA. Organizzazione mafiosa basca dedita all’estorsione e finalizzata all’indipendenza dei Paesi Baschi (e, suo malgrado, della Navarra). Ideologicamente marxisti rivoluzionari, hanno ripreso a metter bombe dopo un “Processo di pace” naufragato miseramente. Se ascoltate un esponente politico parlare di banda terrorista ETA è quasi sicuramente del Partito Popolare (destra), i socialisti usano un linguaggio un po’ più ambiguo e sono possibilisti in quanto a un accordo politico.

    Batasuna. Partito proibito (ilegalizado) in quanto braccio politico di ETA. Risorge periodicamente come un’araba fenice con nomi sempre diversi per venire nuovamente soppresso per via giudiziaria. La recente detenzione di buona parte dei suoi dirigenti ha prodotto un intensificarsi della kale borroka (episodi di guerriglia urbana nei Paesi Baschi) della quale sono protagonisti le nuove leve del movimento, abitualmente chiamate dai quotidiani spagnoli jóvenes violentos y radicales. Tali “giovani” sono molto attivi anche in Italia nei centri sociali, dove vanno spesso a raccontare storie di repressione e soprusi e ovviamente a riempirsi un po’ le tasche.

    Liberale. Questa parola, abusatissima in Italia, praticamente non viene utilizzata nel discorso politico spagnolo. Per liberal si intende comunemente qualcosa di simile al nostro libertino, quindi se non vi va di passare per un Casanova, meglio non usarla.

    Media politicamente schierati a destra: in televisione Antena3, nella carta stampata El Mundo (curiosamente alleato editoriale di Repubblica), ABC e La Razón.
    Media politicamente schierati a sinistra: in televisione i nuovi canali La Sexta e Cuatro (legati a due diverse correnti del Partito Socialista) e il canale pubblico La2. Il quotidiano El País, pur autorevole, è il mezzo di informazione più filogovernativo che esista. Público, un nuovo giornale, completa la lista.
    Media più ambigui: la televisione pubblica Primera, che dall’epoca di Aznar è cambiata parecchio, e l’italiana Tele5, che è più interessata ai vari reality, alle storie truculente, al gossip e alla costante glorificazione di Fernando Alonso.

    Mi riservo il diritto di dedicare un intero post al Re e alla sua allegra famigliola. Ancor prima però scriverò un post intitolato La politica catalana in 3 minuti.

    Un’odissea in treno appena sfiorata

    Foto tratta da El Periodico: viaggiatori provenienti da Valencia aspettano un autobus a Tarragona per raggiungere BarcellonaOttobre2007: la rete ferroviaria barcellonese è sull’orlo del collasso. Se venite in aereo lasciate perdere il treno per andare in centro. Meglio il taxi o l’autobus. In realtà non è una questione di gusti: almeno fino a settimana prossima i treni da e per l’aeroporto sono sospesi, colpa dell’ennesimo imprevisto nella costruzione del treno AVE, alta velocità (davvero alta, altro che Pendolino) tra Madrid e Barcellona. Renfe, le FFSS spagnole, è una delle pochissime aziende statali spagnole, interamente controllata dal governo centrale, che operi in Catalunya.

    A me tocca andare a Valencia, per lavoro. Il treno dovrebbe partire alle 20:30 ma un’ora prima sono già a Sants Estaciò, pronto al peggio.

    L’arrivo in stazione conferma i presagi più pessimistici. Diversi giovani con la spilla di Renfe, vestiti di giallo fosforescente e dall’aria smarrita, hanno la funzione di informare i viaggiatori sul loro destino imminente. Due ragazze, probabilmente brasiliane, parlano uno spagnolo talmente approssimativo che scoraggia anche le persone più irritate dal prendersela con loro. Spediscono tutti in Plaza Espanya, da dove partono i bus navetta per l’aeroporto o per altre stazioni ferroviarie.

    La radio a pranzo parlava di code chilometriche per salire sugli autobus. E poi, di due ore di tempo per percorrere la ventina di chilometri tra Barcellona e Gavá. La reazione dei pochi viaggiatori che non sono andati direttamente in Plaza Espanya è di sconforto assoluto.

    C’è però un numero ridottissimo di treni che svolgono regolarmente il loro servizio. Uno di loro è il mio. Botta di culo in piena regola. La ragazza brasiliana che me lo comunica è raggiante. Nel frattempo dall’altoparlante arrivano strani messaggi del tipo “l’autobus (sic) con i passeggeri provenienti da Madrid ha concluso la sua corsa in Piazza Joan Bzbzzz”. Provo a tendere l’orecchio ma davvero non capisco dove li abbiano mollati sti poveri disgraziati.

    Mi dirigo verso la zona del preimbarco. Qui almeno quattro ferrovieri mi chiedono a turno dove sono diretto e si prodigano nel rassicurarmi. No se preocupe señor, su tren viaja con regularidad. Señor?? Bastano un abito e un biglietto su un treno Euromed per sembrare un tipo importante. Passo il controllo del bagaglio con la macchina dei raggi x spenta e mi siedo su un banco a osservare la stazione, la sua atmosfera surreale (o surrealista, come direbbero qua).

    Ci sono talmente tanti ferrovieri e ferroviere inattivi che appena appare qualche viaggiatore con un biglietto per il treno delle 20:00 a Vigo-A Coruña, uno zelante addetto lo accompagna personalmente non si sa bene dove, in direzione opposta alle normali corsie. Non posso fare a meno di immaginare un furgoncino pieno zeppo di galiziani pronto ad attraversare con i finestrini abbassati l’intera penisola.

    I viaggiatori, quelli che non sono a fare la sardina in qualche bus navetta fermo in coda in autostrada, sono proprio pochi. Sants ha un aspetto malinconico. Salvando le distanze, mi ricorda la stazione di Sarajevo dopo la guerra. Una costruzione imponente dalla quale partiva un treno al giorno. Chissà come finirà questa storia. Quando sarà pronto il famigerato AVE? La data prevista del 21 dicembre è ormai una chimera. E una volta completata l’opera, Renfe comincerà a investire un po’ di soldi nella rete metropolitana della città? Non ci vuole molto a prevedere che questa questione sarà sempre più importante nella vita politica catalana.

    Pregiudizi antitaliani. La sessualità

    Foto tratta da Flickr dalla galleria di Francesco Ferdinando TrottaEsistono donne che non escono quasi mai di casa. Vivono in città nei cui bar si trovano solo uomini. La sera è impossibile vederle circolare se non accompagnate dal loro marito o fidanzato. Non sono tutte belle e attraenti, ma curano il loro aspetto con tale scrupolo che finiscono per sembrare tutte belle e attraenti. Non sono simpatiche, hanno un’aria altezzosa soprattutto nei confronti delle altre donne. Ostentano il loro stile e la loro vera o presunta educazione raffinata.

    Ci sono poi uomini che, probabilmente perché stanchi di avere a che fare con queste donne, decidono di cercare all’estero e con disperazione una compagna o un’amante. Loro sì che sono simpatici. Sono espansivi e loquaci, hanno il dono della parola, attraenti e consapevoli di esserlo, ma sotto sotto sono persone di cui non ci si può fidare. Sono pieni di sè, mentono sistematicamente, tradiscono e spingono al tradimento. Sono particolarmente odiati dagli uomini degli altri paesi.

    Questi uomini e queste donne -l’avete già capito- sono gli italiani agli occhi dello spagnolo e della spagnola media. Qualunque tratto di onestà in un italiano lo trasforma immediatamente in un italiano atípico. Idem per le donne che non se la tirano, atipiche anche loro.

    Esiste una parola in spagnolo che si associa invariabilmente agli italiani (e agli argentini, che, come tutti sanno, sono un problematico incrocio di italiani e spagnoli) ed è labia. La labia è la facilità nel parlare e nel convincere, la grande dote degli imbonitori e dei politici. È curioso, e dice molto della pratica cultura spagnola, il fatto che in italiano non esista una traduzione con la stessa sfumatura negativa. La labia sta a metà strada tra l’oratoria e la cialataneria.
    Estiradas è invece una parola che potrebbe essere usata in riferimento alle italiane, anche se la loro immagine stereotipata è meno diffusa di quella degli uomini.

    Quali sono le ragioni di questi luoghi comuni? Da una parte c’è la spiegazione di the italian flying sul senso di inferiorità spagnolo, dall’altra c’è la storia della transizione spagnola i suoi “folli” anni Ottanta della movida e della liberazione sessuale, mentre in Italia spopolava il Moncler con le Timberland. Temo che noi, con tutto rispetto, stiamo pagando la differenza che passa tra il primo Almodovar e il Paninaro, col suo amico il Bocconiano.

    Il mito del caffè indecente

    Ho appena scritto un post su Zingarate su uno degli eterni crucci dei turisti a Barcellona o degli italiani all’estero in genere: il caffè, brodaglia indecorosa!!??

    Premesso che la prima cosa che faccio quando torno in Italia è bermi una tazzina in uno dei bar del centro che mi piacciono di più, va detto che qui non siamo mica in Francia. Qui esistono serie probabilità di farsi fare un caffè decente. Basta solo conoscere un po’ di parole.
    Disegno originale di una maglietta “Parole di cotone”
    È sufficiente chiedere un CAFÉ CORTO o CORTITO per avere una misura accettabile di espresso. Attenzione: molti si confondono e chiedono un CORTADO, che è una specie di macchiato lungo, tendente al latte macchiato. Se si vuole un macchiato classico basta chiedere un caffè normale e aggiungere il latte che spesso è a disposizione dei clienti sul bancone di molti bar.

    Il vero problema del CAFÉ CORTO è che a volte ti capita il barista o la barista che non ne capisce l’essenza e ti riempie la tazzina fino al bordo per poi svuotarla a metà e dartela col sorriso sulle labbra, come chi è soddisfatto di se stesso. All’inizio mi incazzavo come una bestia, adesso sono molto più paziente, quasi rassegnato direi. Una volta mi sono pure bevuto la mezza tazzina senza fiatare pur di non far la figura del solito rompiballe.

    Detto questo non ci sono altri problemi. Il caffè, come tutti sanno, ha le sue 4 M: macchina, miscela, misura e macinazione . Le macchine sono italiane in una marea di bar (soprattutto nelle catene CARACAS e quelle italianeggianti come IL CAFFÈ DI ROMA), le miscele sono buone (ILLY e BEI NANNINI sono diffusissime, da evitare l’autoctona TUPINAMBA), la misura può essere accettabile (con la parola magica) e sulla macinazione sinceramente non ne ho la benchè minima idea ma dubito che sia il fattore decisivo…

    Strani gemellaggi

    Qualche tempo fa, mentre curiosavo nella Wikipedia, mi sono imbattuto in questa rassegna di città gemellate con Barcellona
    Strane scoperte in Wikipedia
    Vabbè che qui mi sento come a casa, ma non così tanto. Bottanuco e Bruntino gemellate con la capitale catalana, non me l’aspettavo.

    Bottanuco: la località che credo solo per ragioni onomatopeiche è considerata il culo del mondo della bergamasca. Bruntino: celeberrima per il suo agriturismo. C’è bisogno di altre spiegazioni?