A Barcellona abitano una marea di italiani, quasi ventimila censiti e chissà quanti altri. Ne ho conosciuti parecchi, ma è come se ne avessi conosciuti due. Il rinnegato e il nostalgico, i due italiani archetipici. “Non si può generalizzare?”. E invece sì!
Il rinnegato sembra scappato da un paese in rovina.
Variante di destra: “in Italia è impossibile lavorare, lo Stato ti stritola”. Variante di sinistra: “ero nauseato dal berlusconismo imperante”. Poco importa se evadeva il fisco o se Berlusconi non governa più, sono le due scuse sempre pronte del rinnegato ideologico, che non è comunque maggioritario.
Il rinnegato comune è quello che si ritrova all’estero, in modo più o meno fortuito, e di colpo realizza che in Italia non ha più voglia di tornare a vivere. Il Belpaese è talmente bello che in futuro lo visiterà da turista. Predilige il mondo anglosassone. Muta l’accento. Tende a evitare i propri connazionali.
Il nostalgico invece crede che dichiararsi italiano sia il miglior lasciapassare per avere successo nella vita. Ha un’opinione talmente alta del suo paese (“siamo i migliori nella gastronomia, nella moda, nell’arte, siamo i più belli, abbiamo un gusto che il mondo ci invidia, ecc. ecc.”) che quando arriva a Barcellona è convinto che farà soldi a palate con il made in Italy. Una specie di evangelizzatore, a modo suo.
Con il passare del tempo si rende conto che il made in Italy magari vende davvero, ma paradossalmente lo mantiene lontano dalla patria. E allora si rifugia nell’antenna parabolica e organizza spaghettate in compagnia di altri nostalgici come lui.
Ovviamente le persone normali si distribuiscono (ci distribuiamo?) in un punto intermedio tra questi antipodi. Ovviamente la realtà è molto più complessa. O no?
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