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    Le biciclette (quasi) gratis del Bicing

    Chi vuole conoscere Barcellona in bicicletta, e non dispone di mezzo proprio, si può rivolgere a una delle innumerevoli agenzie di noleggio (che hanno una tariffa oraria di circa 7 euro) oppure può cercare qualche residente che di straforo gli presti la tessera del Bicing e fare un giro praticamente gratis.

    Un esempio di stazione del Bicing**********Il Bicing è un servizio comunale che consente di ritirare una bicicletta in una delle circa cento “stazioni” disseminate per la città e di restituirla in un’analoga “stazione”, senza spendere un soldo se si percorre un breve tragitto o pagando un importo pressochè simbolico. Non si può stare in giro più di due ore, ma nulla vieta di lasciare una bici in una stazione, ritirarne un’altra e stare in giro all’infinito, il venerdì e il sabato le 24 ore difilate.

    Cosa bisogna fare per usufruire di questo servizio? Pagare 24 euro (all’inizio c’era un’offerta di 6 euro) per ricevere, dopo una decina di giorni, una tessera annuale. Per un turista non sono condizioni semplicissime, ma basta avere un paio di amici in loco per girare a gratis in lungo e in largo per tutta la città.

    Quelli delle già citate agenzie di noleggio bici se ne sono accorti e sono sul piede di guerra. Tanto per cominciare, l’attivazione della tessera settimanale (a 1 euro!) è stata rinviata a data da destinarsi e probabilmente non ci sarà mai. Poi è da attendersi un aumento dei controlli sulle tessere, che per il momento non esistono, visto che è un servizio pressochè del tutto automatizzato. La maggior parte delle 80 persone che lavorano nel servizio del Bicing si dedicano alla riparazione delle bici e alla loro redistribuzione nelle stazioni, quelle della spiaggia sovraffollate e quelle della parta alta ovviamente sempre a corto di mezzi. Colpa della forza di gravità…

    Su Internet si è creato un vero e proprio movimento intorno al fenomeno del bicing. Un blog criticissimo. Una comunità di utenti. Un tizio, non contento della cartina ufficiale delle stazioni, ne ha creato una propria che riscuote un certo successo.

    Per maggiori informazioni, leggi l’articolo su El Periodico.

    Shopping… le dritte di Emanuela!

    Emanuela (a sinistra) con la sua amica Fabiana. Entrambe delusissime dal Corte Inglés!Qualche tempo fa ho passato il link del blog a una ragazza che aveva appena prenotato in uno degli alberghi per cui lavoro. Stava preparando il suo viaggio a Barcellona e mi fa: “Carino il sito, ma mancano informazioni sullo shopping”. Ovviamente sono caduto giù dalla pianta, come si suol o si soleva dire. La mia ignoranza in materia è assoluta.

    Conscio dei miei limiti, ho fatto un’intervista (telefonica) a Emanuela, al suo ritorno in Italia. Lei si era preparata benissimo, con tanto di link! Ecco cosa ne è venuto fuori.

    Roberto. Qual è il negozio che ti è piaciuto di più?
    Emanuela. Senz’altro il Paramita, sulle Ramblas [Ramblas, 88] e nel Borne [Argenteria, 6].
    Come mai?
    Perchè non c’è la solita roba che puoi trovare da Mango e da Zara, ci sono cose molto più giovanili, stravaganti e originali, più tipiche spagnole.
    Com’è lo stile spagnolo?
    Colorato, con disegni astratti e vestiti più asimmetrici. Il Paramita è un po’ come Custo, ma molto più abbordabile economicamente.
    Cos’altro ti ha colpito?
    Senz’altro le bancarelle in Portal del Angel, nei pressi di Plaça Catalunya. C’erano vestiti dipinti a mano e gonne veramente interessanti.
    A due passi dal Corte Inglés.
    Sì, ma il Corte Inglés non mi è piaciuto. Mi ha deluso: sembra la Rinascente. Ci sono marche di secondo piano che comunque sono care. Non regge il paragone con i grandi magazzini di Londra, tipo Harrods e Selfridges. Lo stesso discorso vale per il Paseo de Gracia: mi aspettavo di più, ci sono le stesse griffe che si trovano in Italia. Negozi negozi ampi ed eleganti, ma lo suggerirei solo a chi è in cerca di shopping di qualità e non di esclusività.
    Insomma, a parte il Paramita poca roba…
    Non è vero! Ho trovato molti altri negozi interessanti. Lo Skunkfunk, per esempio.
    Cosa?? [problemi di spelling]
    Skunkfunk [Banys Nous, 6], è un po’ come il Paramita, sorprendente. O anche il Desigual.
    Questo lo conosco anch’io.
    Conosci Vogue, i negozi di scarpe?
    No.
    Vacci, ce ne sono diversi in tutta la città!
    Lo terrò presente. E tu, pensi di tornare a Barcellona?
    Senz’altro, il più presto possibile. Da quando sono rientrata a Roma non penso ad altro. È peggio del mal d’Africa!

    Tra guiris e gypmeisters: intervista a Andrew Minh

    Lascio lo Scarabeo in Plaça Catalunya. Las ocho de la tarde ma fa ancora caldo. Appuntamento in Portal del Angel, invaso dai turisti. Molta pelle abbronzata all’aria.

    Mentre aspetto, mi soffermo proprio sui turisti. È vero che sono di ogni età e provenienza, ma ci sono alcuni che si notano di più. Sono alti e biondi e sono denominati, a loro insaputa, guiris. C’è un bell’articolo, su Barcelona Reporter, dove si spiega il significato di questa parola. L’autore del pezzo, un americano che abita a Barcellona da sette anni, sarà il primo intervistato di unitalianoabarcellona.com.

    Andrew Minh è il creatore di un personaggio singolare e tremendamente pulp: investigatore privato Larry Kovaks, il “primo detective guiri di Barcelona” le cui storie truculente sono su Internet e scaricabili da chiunque. Andrew ha un blog, chiamato Guirilandia, nel quale sviscera la condizione guiri, come nessun altro ha fatto prima d’ora. Ha poi un sito personale che è una specie di compendio alla sua iperattività: scrive fiction, collabora con riviste, dirige cortometraggi e ha molti progetti in cantiere. Si guadagna da vivere come copywriter in una nota società produttrice di film e riviste porno. Non ha l’aspetto del guiri, ben piazzato ma di media altezza, ha i capelli nerissimi.
    Il sito di Kovaks, il primo investigatore guiri di Barcellona
    Prima tappa, ci dirigiamo alla Casa de Andalucia. Stavano per chiudere, ma per gente come noi (??!!) fanno un’eccezione. Ci servono due cañas (birre piccole) al modico prezzo di 1 euro ciascuna . Andrew mi racconta che è figlio di un ex seminarista vietnamita sposato con una discendente di italiani. Parliamo del rapporto tra Madrid e Barcellona e finalmente entriamo nel vivo:

    Roberto. Cos’è che ti piace di meno della Spagna?
    Andrew. Senz’altro il provincialismo. Davvero non lo capisco. Negli Stati Uniti è inconcepibile.
    Magari è solo perché siete una nazione giovane. Anche in Italia i rapporti tra diverse città e regioni non sono proprio il massimo…
    Lo so [ride]. Un’altra cosa che detesto è l’enchufismo.
    Pardon?
    Sì, il trovare lavoro per conoscenze, parentele, ecc anzichè per quello che vali. [enchufe in spagnolo significa raccomandazione].
    Ah, sì, come da noi. A proposito dell’Italia, in un post descrivi l’italiano come un macho ibérico leggermente più fashion. Confermi?
    Yes, more fashion but not more stylish.
    Allora esiste qualche differenza tra italiani e spagnoli per voi americani! Pensavo tutto andasse sulla stessa barca.
    No, anche se è vero che l’americano medio ignora molte cose dell’Europa.
    Non credi che la rappresentazione che fai di Barcellona, nei racconti di Kovacs, tenda a confermare le idee che hanno molti americani di quanto sta fuori dal loro paese?
    Do you mean am I perpetuating stereotypes?
    No, cioè sì, insomma…
    Ma ciò che io racconto è la fucking truth, e basta. I turisti arrivano a Barcellona con le loro guide che parlano di Dalì e Gaudì e nessuno ha detto loro che c’è un altro mondo sotterraneo nel quale probabilmente si imbatteranno. Quello dei gypmeisters [truffatori, ladruncoli, criminali da strada insomma] che vedi in azione nelle Ramblas o nei quartieri del centro.
    Secondo me lo sanno fin troppo bene che esiste questo mondo. Barcellona, in fin dei conti, è una città abbastanza sicura.
    Io ho vissuto quattro anni dietro alla Cattedrale e ho visto almeno uno scippo al giorno. Le vittime dei gypmeister erano giovani e vecchi, uomini e donne, chiunque. Questa è la realtà. Probabilmente Barcellona non è più pericolosa di Roma o di altre città importanti, ma c’è un sottobosco che vive dei furti e che io racconto nelle mie storie.
    Un approccio molto realista.
    No, in realtà ciò che più mi interessa quando scrivo è l’ironia. Kovacs per esempio è un personaggio grottesco, estremo, esagerato, ma la gente come lui esiste. Eccome.
    La vittima per definizione del gypmeister è il guiri.
    Esattamente. Lo cerca, lo sente. È facile riconoscere il gypmeister da come studia la sua preda. Dove ci sono molti guiris, ci sono gypmeisters.
    Ma il guiri, in pochissime parole, come lo definiresti?
    Secondo la gente di Barcellona è uno que no se entera de nada [che non capisce niente]. Non parla la lingua, non conosce la cultura, ha il portafogli pieno, gli piace visitare il Poble Espanyol ed è contento così. Io penso che sotto sotto il suo modo di essere più che repulsione suscita una certa invidia nei catalani.
    L’italiano è guiri?
    Non è mai stato considerato come tale ma io direi che ultimamente sì, può essere inserito nella categoria.

    I gusti letterari di Andrew Minh, clicca per ingrandireNel frattempo ci siamo spostati nell’Hogar Extremeño, dove mangiamo pinchos morunos, chocos e patatas bravas e beviamo una certa quantità di birre. Ad un certo punto la conversazione si sposta sui libri e sulle reciproche esperienze, un po’ tragicomiche, in campo lavorativo. Capisco perché Andrew è uno scrittore prolifico. Prima di conoscerlo non immaginavo che fare il parcheggiatore di automobili fosse un lavoro stimolante. Ne’ pensavo che per tenere il blog di una pornostar ti pagassero, e anche bene.

    Ci salutiamo in Plaça Catalunya, dove il mio motorino è ormai uno dei pochi rimasti, passata la mezzanotte. Un vecchio Scarabeo, che non interessa ai gypmeisters.

    Mostruose novità dopo due sole settimane!

    Tipico ambientino sulle RamblasLa Rivoluzione Permanente di unitalianoabarcellona.com ce l’avete sotto gli occhi. Tecnicamente e graficamente è merito di Graziano, un giovane talentuoso del WordPress che ho scovato nei meandri di Internet. Ha reinterpretato in modo personale l’immagine di testa creata da Franco Chiaravalloti. Adesso mi aspetto che Franco mi passi una sua nuova versione in questa lotta senza esclusione di colpi.

    Passiamo ai contenuti. Il riquadro di sopra: qui andrò inserendo tutte le NOTIZIE veramente UTILI per chi visita Barcellona. Mica le mie storie sulla letteratura giapponese, cose utili per davvero: disastri nei servizi pubblici, eventi speciali, turbolenze climatiche, tutto aggiornatissimo ed estremamente succinto!

    Altra novità: la possibilità di prenotare ostelli attraverso Hostelword, il leader mondiale del settore. Se con Venere la commissione che ricevo per ogni prenotazione è bassa, qui lo è ancora di più, ma non importa. La maggior parte delle persone che visita questo sito cerca una sistemazione molto economica. Io non sono un esperto di ostelli, mi muovo meglio sugli alberghi, ma qualcosa conosco e soprattutto a livello di localizzazioni, posso dare qualche utile consiglio.

    Ci sono poi altre cosine sulle quali non ho ancora scritto: i famigerati google adsense che mi pagano un caffè alla settimana, il link di technorati, barometro dell’ascesa (futura :)) di questo sito nell’iperuranio internautico, i link dei principali siti di blog italiani.

    Adesso basta scrivere di novità, che non ho ancora completato la guida ai ristoranti per amanti della quantità

    Seguramente inseguro

    Il false friend per definizione: il “burro”!!Immaginate la scena. Avete appena conosciuto una persona interessante in Spagna. Qualcuno che vi dice: “Seguramente nos veremos de forma muy puntual“.
    Cosa fate? Tornate a casa contenti? Pensate che “sicuramente ci vedremo puntualmente, con regolarità, magari pure spesso“?
    Siete fuori strada. La persona in questione vi ha detto: “Forse ci vedremo una volta ogni tanto“. Forse, ma probabilmente no, e se fosse per chi avete di fronte, il meno possibile.

    La Spagna è il paese europeo nel quale seguramente significa forse. E nel quale puntual (in un contesto come quello dell’esempio) significa sporadico, eventuale. Puntualmente? =ogni tanto! Ho un carissimo amico che è sporadicamente puntuale, arriva sempre tardi. Potrebbe vivere qua e approfittare delle trappole dello spagnolo.

    Nei prossimi post proverò a descrivere le conseguenze sull’italiano nostalgico o rinnegato di una lingua all’inizio molto facile, ma piena zeppa di false friends, costruzioni appena dissimili da quelle italiane, accenti spostati e altre stramberie. A proposito: sicuramente si dice seguro

    Nel frattempo ho iniziato una raccolta di ristoranti per amanti della quantità (e del risparmio) che spazia dai buffet giapponesi alla cucina tipica e regionale spagnola. Seguramente vi troverete qualcosa di utile e di interessante.

    Marketing intellettualoide

    Questo post non ha niente a che vedere con Barcellona, ma mi andava di scriverlo. A pensarci bene però… ha qualcosa a che vedere con l’essere italiano, nel bene e nel male.

    Foto tratta dal sito BOL.itL’ultima volta che sono stato in Italia mi sono comprato il libro più famoso di Haruki Murakami, Tokio Blues. Avevo appena letto Kafka sulla spiaggia, ma in spagnolo, e volevo vedere che effetto faceva nella mia lingua la prosa avvolgente dello scrittore giapponese. Distrattamente ho pagato i 10 euri dell’edizione Einaudi, senza accorgermi che il mio titolo era in realtà il sottotitolo del libro Norwegian wood.

    Nell’introduzione, il traduttore Giorgio Amitrano si dilunga sul perché del cambio, rispetto all’edizione Feltrinelli. L’Autore in persona manifesta la sua entusiastica approvazione. Nuova edizione, nuovo titolo, stesso libro.

    Fin qui, tutto quasi accettabile. Poi però mi rendo conto che in copertina Haruki Murakami è diventato Murakami Haruki, coerentemente con la norma secondo la quale i cognomi giapponesi precedono i nomi. Norma a me del tutto sconosciuta fino a quel momento e che se non fosse stato per la paginetta di Avvertenze avrei continuato candidamente a ignorare.

    Mi sa che quelli dell’Einaudi per essere culturalmente corretti (e amanti del marketing) hanno introdotto una logica un po’ folle.

    Penso al povero bibliotecario italiano che di un autore ormai deve conoscere la nazionalità, con usi e costumi relativi, per poter catalogare un libro! Dove sta il nome? E il cognome?

    Mi viene anche in mente il tuttologo nostrano (uno qualunque, sono tantissimi) che troverà il modo di correggere l’inesperto che parlasse ancora di Haruki Murakami in società. “Si dice Murakami Haruki” dirà sorridendo “è giapponese…”, altro ghigno.

    A questo punto potrei persino pretendere che l’amico poeta Cristiano Poletti, di Brignano Gera d’Adda, pubblicasse i suoi libri come Poletti Cristiano, in virtù dell’antica usanza bergamasca, esportata poi in Giappone, secondo la quale il cognome precede il nome.

    Domanda da un milione di euro. Cosa vende di più: il culturalmente corretto o lo snobbismo?

    Piccola, incivile, nostalgia

    La foto del Cangrejo desolantemente chiuso in qdq.comLa famigerata e municipale Ofensiva Antirruido (ruido=rumore) ha ottenuto la chiusura nello scorso mese di settembre di un paio di locali storici di Barcellona. Hanno vinto i residenti del quartiere del Raval. Ha vinto il loro sacrosanto diritto a riposare. Poco importa che tali residenti fossero soliti passare le serate in strada, a chiacchierare, mischiati ai clienti del Cangrejo. Poco importa che nelle strade del Raval ci sia ancora un casino pazzesco. E che i locali del Raval siano decine e ne abbiano chiuso solo uno. Poco importa che fosse il mio preferito…

    Il Cangrejo era un bar-discoteca, di proprietà di Carmen de Mairena, uno dei primi (e quindi più anziani) travestiti spagnoli. Era un locale dichiaratamente gay nel quale, tutti i weekend, si svolgeva uno spettacolino di drag queens fino a mezzanotte, poi seguito da ballo. Dicono che fosse molto divertente. Ora rimpiango di essermelo perso. Io sono sempre arrivato più tardi, quando la pista era già piena di sedicenti ballerini, mossi dai grandi classici della musica spagnola anni 80.

    Il fatto che fosse un locale gay-oriented, non implicava che ci andassero solo gay. Di fatto, non credo che lo fosse più di un trenta per cento della clientela. La quasi totalità degli uomini attraenti, col fisico scultoreo, curati, amava intimare tra di loro, lasciando a quelli come me i vantaggi di un locale nel quale il rapporto uomo-donna (tra eterosessuali) era clamorosamente favorevole.

    Ma non basta (come dice sempre l’eterno ambasciatore Sergio Romano). Per me, abituato al fighettismo provinciale padano, una serata al Cangrejo era una specie di liberazione. Per trovare qualcuno un po’ impostato dovevi uscire in strada. Certo, la musica non era il massimo e nei bagni capitava di vedere scene un po’ insolite, ma era parte dell’ambiente.

    Dopo la chiusura, hanno aperto un Cangrejo2 nel cuore del Gayxample, la zona ad alta densità di locali gay di Barcellona. Io avevo già smesso di andarci (cose della vita…), in ogni caso mi dicono che la clientela etero non ha mai frequentato il locale. Un passo avanti verso l’autoghettizzazione gay.

    Recentemente un quotidiano ha pubblicato la notizia della riapertura del locale, quello storico, ormai ultimati i lavori di insonorizzazione. Due venerdì fa ho convinto degli amici a farci un salto, ma era ancora chiuso. Un pakistano, venditore ambulante, mi ha detto che apre solo di sabato. Non gli credo. Ma so che c’è ancora speranza.

    La dicotomia degli italiani all’estero

    A Barcellona abitano una marea di italiani, quasi ventimila censiti e chissà quanti altri. Ne ho conosciuti parecchi, ma è come se ne avessi conosciuti due. Il rinnegato e il nostalgico, i due italiani archetipici. “Non si può generalizzare?”. E invece sì!

    Il rinnegato sembra scappato da un paese in rovina.
    Variante di destra: “in Italia è impossibile lavorare, lo Stato ti stritola”. Variante di sinistra: “ero nauseato dal berlusconismo imperante”. Poco importa se evadeva il fisco o se Berlusconi non governa più, sono le due scuse sempre pronte del rinnegato ideologico, che non è comunque maggioritario.
    Il rinnegato comune è quello che si ritrova all’estero, in modo più o meno fortuito, e di colpo realizza che in Italia non ha più voglia di tornare a vivere. Il Belpaese è talmente bello che in futuro lo visiterà da turista. Predilige il mondo anglosassone. Muta l’accento. Tende a evitare i propri connazionali.

    Il nostalgico invece crede che dichiararsi italiano sia il miglior lasciapassare per avere successo nella vita. Ha un’opinione talmente alta del suo paese (“siamo i migliori nella gastronomia, nella moda, nell’arte, siamo i più belli, abbiamo un gusto che il mondo ci invidia, ecc. ecc.”) che quando arriva a Barcellona è convinto che farà soldi a palate con il made in Italy. Una specie di evangelizzatore, a modo suo.
    Con il passare del tempo si rende conto che il made in Italy magari vende davvero, ma paradossalmente lo mantiene lontano dalla patria. E allora si rifugia nell’antenna parabolica e organizza spaghettate in compagnia di altri nostalgici come lui.

    Ovviamente le persone normali si distribuiscono (ci distribuiamo?) in un punto intermedio tra questi antipodi. Ovviamente la realtà è molto più complessa. O no?

    10 risposte sull’overbooking alberghiero

    Non solo a Barcellona l’overbooking è entrato nella prassi del settore alberghiero, ma le sue caratteristiche non sono ancora del tutto note. Se lo conosci lo eviti? Probabilmente no, non basta conoscerlo per evitarlo… Se lo conosci non ti uccide? Probabilmente sì, se lo conosci, non solo non ti uccide, ma magari ci guadagni pure qualcosa.

    1. Che cos’è l’overbooking?
    Capita quando un albergo ha venduto più camere di quante dispone ed è obbligato a muovere a un’altra struttura (tecnicamente si dice riproteggere, desviar in spagnolo) i clienti che non è in grado di alloggiare. Io distinguerei tra un overbooking volontario, tipico degli alberghi più moderni che vendono in eccesso per coprire il rischio delle cancellazioni, e un overbooking involontario proprio di alberghi che non sono in grado di controllare i loro canali di vendita e un bel giorno si trovano con l’hotel pieno senza nemmeno accorgersene.

    2. Quando capita, gli alberghi ammettono aver venduto più camere di quante dispongono?
    No, mai. Corto circuiti, allagamenti, incendi, sono le scuse più comuni.

    3. Cosa dice la legge?
    In linea di massima, le normative nazionali (quando esistono) prescrivono che in casi di questo tipo l’albergatore è tenuto a offrire una sistemazione in un albergo della stessa categoria o superiore, pagando eventuali differenze di prezzo. Dunque l’overbooking è, se si rispettano queste condizioni, del tutto lecito. La legislazione spagnola non contempla che l’hotel alternativo debba essere ubicato in prossimità della struttura overbooked, ma nella pratica si cerca di rispettare la localizzazione scelta dal cliente. È prassi comune anche pagare l’eventuale corsa in taxi al cliente desviado.

    4. Si può esigere una compensazione?
    In teoria solo se, di fronte al tribunale competente, si è in grado di dimostrare di aver subito un danno grave in seguito alla riprotezione… Nella pratica, se si conducono bene le trattative con l’albergo prenotato, si può ottenere qualche beneficio, come per esempio farsi pagare qualche extra nel nuovo hotel: la colazione, se la nostra prenotazione era in base a room only. Gli inglesi sono dei maestri nell’ottenere compensations.

    5. Di quali strumenti di pressione dispongo?
    Una volta che non ci si fa troppe illusioni sull’esito finale della negoziazione, tanto vale approfittare tutte le cartuccie: insistere, rallentare il più possibile il processo di check-in degli altri clienti, minacciare di chiamare la polizia, fare una bella sceneggiata (“perché proprio a meeee??”) ma soprattutto richiedere i moduli per sporgere un reclamo all’organismo competente (hojas de reclamación). Benchè un reclamo non abbia la benchè minima possibilità di successo, non sono pochi gli alberghi che hanno paura di un’eventuale ispezione e che, onde evitarla, trovano improvvisamente una camera libera.

    6. Cambia qualcosa tra un’agenzia on-line e un’agenzia tradizionale?
    Sostanzialmente no. Ci sono alberghi che preferiscono muovere i clienti che provengono dalle agenzie tradizionali perché queste possono stabilire un contatto con il cliente un paio di giorni prima del suo arrivo e informarlo del cambio, ma anche e soprattutto perché hanno paura dei commenti negativi sui siti Internet. Altri alberghi invece adottano la soluzione opposta per semplicità, perché se il cliente che ha prenotato su Internet paga direttamente il suo conto nel secondo albergo, non sarà necessaria nessuna transazione economica tra le due strutture.
    Nemmeno prenotare direttamente sul sito dell’hotel rappresenta una garanzia assoluta: di fatto non c’è nessun intermediario che possa tutelare il cliente.

    7. Influisce l’orario di arrivo?
    Poco o niente. Questa è la principale differenza con l’overbooking aereo. Sono altri i criteri che influiscono: il più importante è il numero di notti prenotate. L’hotel preferisce disfarsi dei pernottamenti più brevi.

    8. Quando è più probabile?
    Parlando di Barcellona: nei weekend primaverili e autunnali, durante i grandi eventi, tipo Gran Premio di Formula 1 e in genere con le prenotazioni di una sola notte o due. Beninteso: di solito il destinatario di riprotezione è il turista, raramente un albergo muove un cliente in viaggio d’affari.

    9. Tutti gli alberghi fanno overbooking?
    Tutti indistintamente. Gli alberghi piccoli e/o indipendenti fanno meno overbooking volontario ma più involontario. Alcune catene alberghiere abusano di questo strumento per ridistribuire le prenotazioni sui loro alberghi meno richiesti. Nomi non ne faccio: sarebbe triste iniziare questo blog con una querela 🙂

    10. Cosa posso fare per evitare l’overbooking?
    È buona norma dare un’occhiata ai commenti degli altri clienti, nei siti specializzati, prima di prenotare. Se trovate un commento del tipo: “non ho dormito nell’hotel XY perché mi hanno detto che non funzionava il riscaldamento”, sapete subito cosa significa. Se ce lo si può permettere, prenotare una camera superiore è garanzia di essere trattati con i guanti bianchi.
    Non è infine una cattiva idea quella dello stabilire un dialogo con l’albergo, per esempio facendosi riconfermare la prenotazione fatta in un qualche sito o chiedendo qualche informazione pratica. Se ti conoscono, forse, avranno pietà di te!